Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa su questi famosi diffusori da stand che oramai possiedo da circa tre anni (credo sia il record di maggior permanenza a casa mia di un diffusore hifi). Come molti audiofili, credo di essere abbastanza bravo a sparare critiche e giudizi (anche su oggetti che conosciamo poco o per niente), nei vari forum, ma quando poi si tratta di scrivere per davvero delle impressioni di ascolto con stile giornalistico, le cose si fanno assai complicate. Non amo peraltro molto le enfatizzazioni, soprattutto se espresse per iscritto, quindi vi eviterò frasi del tipo: “capolavori di ebanisteria”, oppure “diffusori creati dal genio di Franco Serblin” oppure “diffusori dell’età d’oro della Sonus Faber”.
Sono sempre stato affascinato dai
diffusori da stand. Ne riconosco ovviamente i limiti (fisici) legati alle
dimensioni contenute ma, vuoi perché ho una stanza di ascolto relativamente
piccola e con una fastidiosa risonanza alle basse frequenze o vuoi perché la
capacità dei diffusori mini di ricreare un palcoscenico virtuale assai
credibile e svincolato dai diffusori stessi, mi ha sempre intrigato, ho sempre
preferito questi ai diffusori da pavimento.
Le EA1 sono state prodotte e
commercializzate agli inizi degli anni ’90; i modelli in circolazione hanno
quindi più di 20 anni. Detto questo, chiariamo subito una cosa: sebbene
guardando un po’ in rete, le EA1 siano considerati diffusori dal suono un po’
“ruffiano” e creati ad hoc per un ascolto domestico un po’ piacione, questi
sono in realtà diffusori monitor a tutti gli effetti, si molto raffinati, si un
po’ “patinati” e molto musicali, ma pur sempre monitor, in quanto permettono di
percepire minime variazioni all’interno della catena che le pilota. Da anni
faccio da “orecchio” per un caro amico autocostruttore, per cui ho spesso
testato materiali (in primis condensatori), nonchè variazioni circuitali (sia
sul segnale che sull’alimentazione) del mio preamplificatore a valvole, ebbene:
le EA1 sono sempre state in grado di evidenziare le differenze tra le varie soluzioni
provate. Se vogliamo, avendole possedute, le EA1 sono comunque agli antipodi di
un altro grande diffusore (questo si) realmente monitor, le Avalon Mixing
Monitor. Ebbene queste ultime hanno un suono altrettanto performante, ma di
impostazione molto più asciutta e “asettica”. Dove insomma le EA1 riproducono
musica, le MM sono degli ottimi strumenti di misura.
Altra caratteristica fondamentale delle
EA1: sono diffusori maestosi, termine questo inteso nel senso che possono
creare un fronte sonoro piuttosto ampio e soddisfacente, con un basso
relativamente profondo e con una pressione sonora non trascurabile. Ascoltare
una incisione della Reference Recording con le EA1, può dare appagamento non
solo mentale ma anche fisico, viste le pressioni sonore che si possono comunque
raggiungere.
Sfatiamo un altro mito: le EA1, non
necessariamente richiedono elevati wattaggi per essere ben pilotate. Sono
talmente raffinati e duttili che semplicemente restituiscono in termini di onde
acustiche quanto di buono (o di cattivo) gli arriva da un punto di vista di
segnale elettrico. Per anni ho pilotato le EA1 con un finale monotriodo con
valvole 300B (di derivazione artigianale), con enorme appagamento personale e
piacere di ascolto e ovviamente qualche limite.
Il suddetto finale è stato attualmente
affiancato da un “vecchio” (solo anagraficamente parlando) ML 23.5, con
risultati oserei dire incredibili in termini di ricostruzione dell’immagine
sonora e della dinamica. Dove però le EA1 eccellono è nella riproduzione delle
voci femminili, sempre terse e delicatissime e degli strumenti ad arco (qui si
ringraziamo il progettista per aver deciso di utilizzare il famoso tweeter
Dynaudio della serie Esotar).
Difetti? Si forse uno, come dicevo
prima, complice forse un limite della mia sala di ascolto, la gamma bassa può talvolta
risultare enfatizzata fin quasi alla ridondanza, ciò avviene soprattutto con alcune
registrazioni effettuate con un discreto effetto loudness.
Un consiglio, se ne avete la
possibilità, acquistatele con i loro stand dedicati in legno con base in
pietra, assai belli. Non chiedetemi perché, non saprei spiegarlo a parole, ma questi stand “suonano”
assai meglio di altri stand metallici seppur di buona qualità. La resa del
palcoscenico virtuale è ancora più credibile e la riproduzione della
musica risulta oltremodo
piacevole. Inoltre gli stessi stand, essendo regolabili in altezza vi
permetteranno di trovare il vostro giusto set-up.
Una parola sul posizionamento che
secondo me non presenta particolari difficoltà tranne che rispetto alla parete
di fondo. Infatti le EA1, essendo un reflex posteriore, vanno posizionate ad
almeno 100-120 cm dalla parete di fondo stessa (io le tengo a 120 cm).
Lateralmente, per i limiti della mia stanza (larga 380 cm), non posso
stringerle oltre i 40 cm per parte. L’inclinazione migliore è secondo me quella diretta verso il punto di
ascolto, ma si possono ottenere buoni risultati in termini di immagine sonora
anche inclinandole un po’ di più (qualche cm davanti al punto di ascolto stesso
quindi). Con questi semplici accorgimenti sarete in grado di riprodurre una
scena sonora stabile e credibile sia in larghezza, sia (cosa più difficile) per
quando riguarda i piani sonori in profondità.
Un ultimo consiglio: dato che il
tweeter Esotar è costruito con la tecnica a “ferro-fluido”, qualora entriate in
possesso di una coppia di EA1 che sono state a lungo ferme senza suonare,
fatele lavorare per almeno una settimana, che all’inizio suoneranno chiuse e
ovattate.
In conclusione, nonostante in rete si
leggano anche critiche feroci in merito alle EA1, fino a considerarli diffusori con intrinseci
errori di progettazione, nella mia esperienza non posso che aggiungermi al coro
degli estimatori, per la loro grande capacità di creare musica e perché il loro
prezzo nel mercato dell’usato è oramai piuttosto conveniente (1500-2000 euro).
Dott.Roberto Rocchi
Dott.Roberto Rocchi
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